La nidificazione della beccaccia - (27/11/2013)
La presenza di nidi di beccaccia in Italia è sempre stata documentata in modo frammentario e spesso tali scoperte sono state custodite gelosamente per proteggere la prole; i dati comunque erano fino a oggi numericamente non rilevanti e pertanto non soggetti a statistica. Attualmente però, a causa dei cambiamenti climatici (fra essi l’aumento delle temperature minime) assistiamo a un aumento di “incontri” con nidi, uova e pulcini. Sicuramente il maggior interesse intorno alla specie, un occhio più sensibile da parte dei cacciatori che si trasformano in osservatori degli habitat anche al di fuori del periodo venatorio, ci riportano numerosi casi di nidificazioni sul nostro territorio.
di Paolo Pennacchini
La scoperta di nidi di beccaccia è fondamentale per aumentare la conoscenza di questa specie. Grazie ai nidi, possiamo conoscere il livello di riuscita della riproduzione e soprattutto inanellare i pulcini per studiare i loro spostamenti. Ma non è un’operazione semplice, vista la grandezza e le caratteristiche vegetative degli areali di riproduzione: spesso infiniti boschi di betulle, con strato erboso molto sviluppato. In Russia sono fondamentali i cani da ferma per reperire i nidi ed effettuare l’inanellamento dei pulcini: operazione molto delicata, da effettuarsi velocemente per il fatto che le piccole beccacce sono nidifughe. In Italia la scoperta di un nido di beccaccia è sempre stata fortuita, generalmente da parte di cercatori di funghi e di frutti selvatici. In alcuni casi sono stati rinvenuti dai cacciatori di selezione lungo il percorso per raggiungere i propri appostamenti.
Dagli anni Ottanta assistiamo ad una efficace rete di studio, formata da piccoli gruppi di ricerca finalizzati al censimento delle nidiate. In prima fila per l’Europa si distingue il lavoro del Gruppo francese Reseau Becasse dell’ONCFS (Ufficio Nazionale della Caccia e della Fauna Selvatica) diretto da Yves Ferrand. Questo importante lavoro ci consente oggi di individuare nidiate di beccacce anche al di fuori dei classici siti di riproduzione, localizzati nella Russia centrale e in Finlandia, dove l’ONCFS in pianta stabile svolge le sue osservazioni. Per certo sappiamo che le beccacce nidificano anche in Danimarca e in Svezia, nella zona centrale della Gran Bretagna, in piccole aree della Scozia e nella Francia centrale. La foresta di Compiegne, vicino a Parigi, e il massiccio del Jura (sia francese che svizzero) conoscono importanti nidificazioni e sono aree permanenti di censimento sia di maschi nel momento della “croule”, che delle nidiate a terra. Altra area nevralgica di nidificazione è costituita dalle isole Azzorre, ma in questo caso si parla di popolazione sedentaria che interessa solo quelle isole.
Nidi anche in Italia
E’ vero che si trovano nidi anche in Italia. Appunti storici dell’Osservatorio Ornitologico F. Caterini di San Rossore raccontano negli anni Venti della presenza di una decina di nidi nella tenuta presidenziale. Nelle Alpi e negli Appennini spesso abbiamo avuto notizie di nidi scoperti, magari con uova già schiuse e in alcuni rari casi con presenza di pulcini a terra. Sono sempre state notizie frammentarie, spesso custodite gelosamente per proteggere la prole; dati comunque numericamente non rilevanti e pertanto non soggetti a statistica. Oggi però, a causa dei cambiamenti climatici (fra essi l’aumento delle temperature minime) assistiamo a un aumento di “incontri” con nidi, uova e pulcini. Sicuramente il maggior interesse intorno alla specie, un occhio più sensibile da parte dei cacciatori che si trasformano in osservatori degli habitat anche al di fuori del periodo venatorio, ci riportano numerosi casi di nidificazioni in territorio italiano.
E’ necessaria una piccola premessa che riguarda la migrazione. La beccaccia sta differenziando la sua migrazione. Classificata come migratore a medio raggio (ovvero che non supera il Nord Africa), sta restringendo i suoi percorsi preferendo una migrazione di tipo “corta e breve” e in alcuni casi a “rigetto”, ovvero molto prossima ai siti di riproduzione. Assisteremo come nel merlo e nel colombaccio ad una separazione fra contingenti migratori e sedentari? La parola agli ornitologi e agli scienziati… di sicuro in Europa il clima sta offrendo nuove opportunità di dislocamento della popolazione, così come sta aprendo alla nidificazione aree prima impraticabili.
Nidi in aumento sull’arco alpino
Sull’arco alpino, causa inverni piuttosto miti, sembra aumentare anche nel versante italiano il numero di nidi individuati. Il fenomeno si affianca ai vari avvistamenti dei maschi in volo di parata sulle probabili femmine a terra. Altro indicatore della presenza di beccacce nate in loco proviene dall’esame del piumaggio su soggetti giovani, prelevati a inizio ottobre, sempre sull’arco alpino. Sono stati infatti rinvenute beccacce con penne che presentavano ancora l’epitelio del germe che circonda la penna a guisa di cappuccio. Ciò fa pensare a soggetti nati a luglio-agosto, non lontano dal luogo di cattura. E’ di questa estate la notizia di pulcini rinvenuti nelle Alpi occidentali a 1.700 metri di altezza in un bosco di conifere, così come è capitato allo scrivente di monitorare un paio di nidi nell’Appennino centro-settentrionale, su tagliata di ceduo, al limitare del castagno, purtroppo predati delle uova, nel giro di due giorni dalla loro posatura.
Gli episodi alpini, ai quali vanno aggiunti altri riguardanti l’Appennino centrale a quota superiore ai 1.200 metri, così come il rinvenimento casuale di beccacce nei mesi estivi anche a latitudini inferiori nel nostro Paese, non ci devono indurre però a considerare la penisola quale area di nidificazione. Certo, se i trend climatici ci condurranno alla cosiddetta “tropicalizzazione” del mediterraneo, su certi habitat umidi e ricchi di cibo, ad altezze tra i 1.500 e i 2.000 metri, le beccacce troveranno le stesse condizioni di habitat delle foreste russe ad altitudine quasi zero.
Come e quando fanno il nido le beccacce
Nel momento della riproduzione, all’alba e al tramonto, il maschio effettua dei voli di ricerca e di attrazione delle femmine. Durante questi voli emette a ripetizione un doppio richiamo grave “crou-crou”. Da qui la denominazione del volo del maschio, la “croule”. Dopo l’accoppiamento che si verifica a terra, il maschio, poligamo, ricomincia nei suoi voli alla ricerca di una nuova compagna. La croule va da marzo alla fine di aprile, poi riprende e tocca il suo apice nel mese di giugno. Presso i ricercatori si dibatte molto sulla questione della “doppia croule”, quasi fosse una seconda nidificazione per le femmine che hanno perso il nido o una seconda nidiata sistematica, fenomeno questo ancora non pienamente accolto, poiché alle latitudini più settentrionali una femmina di beccaccia ha bisogno di circa 50 giorni per deporre e portare i pulcini almeno a tre settimane di vita, tempo non sufficiente per una seconda covata. La croule di giugno e l’intensità dei voli registrati fanno pensare alle necessità del maschio di marcare il suo territorio: in quel periodo si sente molto nitidamente un breve fischio “pstt”, più intenso e frequente del grave “crou-crou” collegato alla componente sessuale del richiamo.
La femmina prepara il suo nido su di una lettiera di foglie secche, mai in un fitto cespuglio o in mezzo al bosco, poiché ha bisogno sempre di spazi di fuga in volo. Sono generalmente importanti alcuni marker visivi quali una grande pianta o un tronco in terra per facilitare il riconoscimento del luogo di deposizione. La scelta del fogliame secco e di aghi di pino per il nido ha sempre un’eccezionale corrispondenza omocroma al suo piumaggio. Le necessità di mimetismo sono essenziali per sopravvivere ai predatori di terra, quali la volpe e la martora, mentre avidi insidiatori di uova di beccaccia sono i corvidi e ultimamente il cinghiale.
Le dimensioni esterne del nido sono intorno ai 22 centimetri, quelle interne intorno ai 17 e la profondità varia dai 2 ai 4 centimetri (Y. Ferrand, 2010).
La schiusa delle uova
La beccaccia depone quattro uova, vi sono stati casi eccezionali di deposizioni di sei e addirittura otto uova (fonte CNB).
La beccaccia cova in solitario, in alcuni casi sono stati rinvenuti nidi ravvicinati, a qualche decina di metri, ma generalmente la diffusione si attesta a uno/due nidi per chilometro quadrato.
Le uova presentano un aspetto a forma di piccola pera e si riconoscono per il colore beige leggermente rosato, con picchiettature grigie e marroni. Anche questi colori sono determinanti per camuffarsi con l’ambiente circostante: nulla nella beccaccia sembra lasciato al caso… L’incubazione dura 22/23 giorni, durante i quali la beccaccia lascia il nido per mangiare per qualche decina di minuti e soltanto nelle ore diurne. La necessità di nutrirsi intensamente e velocemente fa scegliere alla femmina luoghi di riproduzione con disponibilità di vermi nettamente superiore alle tradizionali pasture. I suoi pulcini intorno già ai 15 giorni di vita mangeranno circa 500 grammi di vermi al giorno! Saranno sufficienti circa 40 giorni di vita perché una beccaccia possa raggiungere il peso di un adulto.
Tutte e quattro le uova si schiudono nel giro di 24 ore, i pulcini sono notoriamente nidifugi: già dotati di piumino, di vista completa e capacità di muoversi. Il loro piumaggio è in perfetta sintonia con i colori dell’habitat circostante e sono dotati di striature marrone scuro e avana, che li distinguono da ogni altro limicolo.
I primi giorni di vita
I primi giorni di vita dei pulcini sono pericolosi e decisivi. Solo la madre alleva i pulcini, li conduce verso i luoghi dove reperire larve e vermi, superando ostacoli e insidie. In alcuni casi sembra che riesca a trasportali in volo. Non esistono ancora né foto e né riprese filmate di questo comportamento, ma molte sono le testimonianze visive che hanno portato a disegni affascinanti di questo magnifico trasloco della prole.
I pulcini di beccaccia nascono con un peso che si aggira intorno ai 20 grammi e con un becco di lunghezza di un centimetro e mezzo.
I primi giorni di vita dei pulcini sono pericolosi e decisivi. Solo la madre alleva i pulcini, li conduce verso i luoghi dove reperire larve e vermi, superando ostacoli e insidie. In alcuni casi sembra che riesca a trasportali in volo. Non esistono ancora né foto e né riprese filmate di questo comportamento, ma molte sono le testimonianze visive che hanno portato a disegni affascinanti di questo magnifico trasloco della prole
I primi giorni di vita dei pulcini sono pericolosi e decisivi. Solo la madre alleva i pulcini, li conduce verso i luoghi dove reperire larve e vermi, superando ostacoli e insidie. In alcuni casi sembra che riesca a trasportali in volo. Non esistono ancora né foto e né riprese filmate di questo comportamento, ma molte sono le testimonianze visive che hanno portato a disegni affascinanti di questo magnifico trasloco della prole
Sono sufficienti 20 giorni per trasformare il loro piumino in un piumaggio capace di far loro compiere i primi voli di qualche decina di metri, per scappare da eventuali predatori. L’aspetto del piumaggio è dominato da tinte rossastre, le stesse che riconosciamo nei giovani tardivi (JC4) prelevati sempre più frequentemente in Italia nelle ultime stagioni. La muta così veloce è un ulteriore strumento di sopravvivenza viste le insidie dei numerosi rapaci e mammiferi presenti negli habitat di riproduzione del nord-est dell’Europa. Si reputa infatti che dei quattro pulcini, due solamente partiranno in migrazione; la media delle riuscite è infatti del 50,5%.
Calcolando che un giovane muore durante la migrazione causa eventi calamitosi ed esercizio venatorio, il nostro compito è quello di “rimandare” a casa il secondo giovane, perché si possa poi riprodurre. Questa è la “sostenibilità”, intaccare quindi gli interessi e non il capitale beccaccia.
L’articolo è stato pubblicato sul n°1 di Beccacce che Passione 2013.