Il cacciatore del futuro? La cultura si fa a scuola - (26/02/2014)
Uno studio spiega la morfologia degli ungulati e i parametri che consentono di distinguere specie e età della fauna stanziale
A Costalunga la «scuola» dei cacciatori: a suon di formazione la figura delle doppiette veronesi va oltre le sole catture. In 64 hanno partecipato al corso di formazione richiesto dall'Ambito territoriale di caccia 2 ed organizzato, per la prima volta, dal settore faunistico della Provincia di Verona. Con un impegno notevole, cioè 15 ore di corso spalmate su sei serate e formazione a pagamento, i cacciatori del veronese Orientale pongono l'accento sulla cultura venatoria.
«Negli anni la figura del cacciatore è molto cambiata, non è più ancorata alle sole catture», esordisce Giorgio Framarin, presidente dell'Atc 2 che raggruppa circa tremila cacciatori dell'Est veronese fino ai confini della «zona Alpi».
Framarin spiega: «È sempre più forte la richiesta di conoscenza e facendoci carico di questa istanza, abbiamo proposto alla Provincia di investire di più in formazione». E la Provincia ha detto sì mettendo a disposizione l'esperienza di Ivano Confortini, responsabile del settore faunistico della Provincia, per svolgere il primo «Corso di biometria».
Il corso ha proposto un percorso di conoscenza relativo alla morfologia degli ungulati e ai parametri biometrici che consentono di distinguere specie, età e altre caratteristiche della fauna presente sul territorio.
Patrimonio di conoscenze, quelle messe insieme nelle 15 ore di formazione, utile non solo a catture avvenute come possibile integrazione al lavoro di monitoraggio faunistico svolto dalla Provincia. «Il rilevamento dei dati biometrici mette a disposizione strumenti di conoscenza e porta alla formazione di figure tecniche di livello superiore anche tra i cacciatori.
Questa attività», spiega Confortini, «è coerente con la sempre maggiore responsabilizzazione che la Provincia assegna agli Ambiti ed integra il lavoro di censimento faunistico del territorio».
Saper dare l'età corretta ad un animale, saperlo riconoscere anche per evitare catture non consentite, permette di mettere insieme informazioni preziose su fauna e ambiente. «La riteniamo una integrazione molto utile in relazione al profilo sempre più ampio che assume la figura del cacciatore», aggiunge Framarin.
«Se i cacciatori si occupano di colombi fanno sicurezza sanitaria perchè arginano la diffusione di infezioni e patologie infettive, se si occupano di nutrie fanno sicurezza idraulica e se, infine, si occupano di cinghiali fanno sicurezza pubblica e prevenzione dei danni agricoli».
Insomma, come ama dire Sergio Molinarolo, che coordina il gruppo di 96 cacciatori con l'abilitazione alla caccia al cinghiale, «facciamo anche protezione civile».
Paola Dall Cani