IL RICORSO AL TAR CON RICHIESTA DI SOSPENSIVA:
UNO STRUMENTO INIQUO A FAVORE DEGLI AMBIENTALISTI.
COME DIFENDERSI? - (14/09/2013)
Il recente studio del Prof. FINZI per ASTRA Ricerche ha dimostrato che la parte di opinione pubblica degli italiani contraria alla caccia lo è per mancata conoscenza delle regole che permettono soltanto una caccia sostenibile, regolamentata e legittimata da precisi limiti contenuti nella Legge n. 157/1992.
Se gli anticaccia fossero edotti di tali limiti, con una assidua campagna mediatica, sarebbero i primi a riconoscere che proprio i cacciatori sono i migliori tutori dell’ambiente, della natura e del sistema ecologico nel suo insieme.
A gettare però il seme del male ci pensano le associazioni animaliste e gli ambientalisti che, spesso in malafede e per odio tout-court contro la caccia, si avvalgono dei ricorsi ai vari TAR per ostacolare, dimezzare o ritardare la stagione venatoria nelle singole Regioni.
L’ENALCACCIA, fra le AA.VV. nazionali riconosciute aderenti a FACE Italia, ha contribuito a precisare alle Giunte Regionali le fondamentali prescrizioni per evitare i ricorsi degli anticaccia avverso i calendari venatori: motivazioni convincenti e non striminzite sulle specie cacciabili consentite, menzione del parere (obbligatorio) reso dall’ISPRA ed approvazione per tempo del provvedimento sull’apertura della caccia sia per rispettare il termine di cui all’art. 18 punto 4 della L. 157 sia per far decorrere più celermente i tempi di un’eventuale impugnativa delle associazioni ambientaliste sempre in agguato.
Il danno maggiore – quando non concorre la leggerezza dei dirigenti amministrativi regionali – viene procurato con la richiesta di sospensiva in occasione dei singoli ricorsi.
A tale ultimo proposito sia consentita una breve digressione per individuare le possibili reazioni delle AA.VV. locali alle sospensive accordate dai TAR sui calendari venatori e sulle preaperture.
Occorre partire dal D. Lgs. 2 Luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo in attuazione dell’art. 44 legge 2009 n. 156 (riordino del processo amministrativo). Se ne ricava che il ricorrente ha diverse possibilità di richiesta della sospensiva nel procedimento cautelare:
1) Art. 55 – Pronuncia di ordinanza in Camera di Consiglio:
Se il ricorrente, sostenendo di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione (di merito) sul ricorso, chiede l’emanazione di misure cautelari, il TAR si pronuncia con ORDINANZA emessa in Camera di Consiglio.
In tal caso la parte resistente può interporre appello al Consiglio di Stato avverso le sospensive.
2) Art. 56 – Decreto di misura cautelare monocratica.
In caso di “estrema gravità e urgenza”, il ricorrente può chiedere al Presidente del TAR di disporre misure cautelari provvisorie fino alla data della Camera di Consiglio. La domanda cautelare è improcedibile finchè non è presentata dal ricorrente la domanda di fissazione dell’udienza per il merito.
3) Art. 61 – Misure cautelari anteriori alla causa.
In caso di addotta “eccezionale gravità e urgenza” che sia tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso, il soggetto legittimato al ricorso può chiedere l’adozione delle misure cautelari anteriori alla causa che appaiono indispensabili durante il tempo che occorre per proporre il ricorso di merito e la domanda cautelare in corso di causa. Il Presidente del TAR provvede sulla istanza. Se il DECRETO del Presidente accoglie la richiesta di concessione della misura cautelare, tale decreto perde effetto se entro 15 giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare.
Quali i rimedi contro le decisioni collegiali o monocratiche prese dai TAR ?
L’Art. 62 dispone sull’appello cautelare: contro le ordinanze cautelari è ammesso appello (entro 30 giorni dalla notifica) al Consiglio di Stato. L’appello è deciso in Camera di Consiglio.
Le varie disposizioni in materia precludono l’impugnazione del DECRETO monocratico pronunciato ex artt. 56 e 61.
La posizione di vantaggio “ope legis” dei ricorrenti è data dalla constatazione che i cacciatori, i quali risultano i soggetti danneggiati dai provvedimenti di sospensiva, pagano le tasse per esercitare un’attività praticabile per un periodo che viene così decurtato, mentre le associazioni ambientaliste si avvalgono di privilegi (anche economici) previsti dalla vigente normativa in favore delle ONLUS, quasi esse fossero esclusivi portatori di un pubblico interesse. Rifacendoci infatti al D.Lgs. N. 460/1997, va detto che nel nostro ordinamento fiscale è stata introdotta la qualifica di ONLUS alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Questo status pone, come anzidetto, in una situazione di iniquità le parti trascinate direttamente o indirettamente nel processo, perché trova facile gioco ricorrere sempre e comunque contro i provvedimenti di caccia al solo scopo di danneggiare i cacciatori senza danno per gli ambientalisti. Da ciò discende la necessità di esercitare legittime pressioni – già da qualche tempo iniziate – anche sulle autorità politiche perché venga più attentamente valutata e disciplinata la normativa che ci interessa.
TARULLO